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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 19:12

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Donne che sperano o danno speranza,
donne rinchiuse dentro una stanza.
Donne bambine, donne sorelle,
donne dolci dall’aria ribelle.
Donne mamme, donne nonne,
coi pantaloni, donne colonne.
Donne sposate, donne anche in bici,
donne ridenti, donne felici!

 

(Zia Mariù)

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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 14:57

 

Buon 8 Marzo,

A tutte le donne,  

A quelle che non hanno il dono di un sorriso,

A quelle che non hanno una carezza sulla pelle,

A quelle che non conoscono la dolcezza,

A quelle che in silenzio subiscono la violenza,

A quelle che non possono sciogliersi i capelli al vento.


 festa-della-donna-poesie.jpg


Buon 8 marzo,

 A tutte le donne,

 A quelle che abbracciano con amore,

A quelle che illuminano l'anima,

A quelle che parlano dentro oltre lo sguardo,

A quelle che sorridono con i colori dell'arcobaleno,

A tutte quelle che danno energia alla libertà della vita.


(Michele Luongo)

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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 12:35

Bouquet-di-Mimosa-Rose-Arancio-e-Gerbere.jpg

 

Sorridi donna,

sorridi sempre alla vita,

anche se lei ti fa soffire.

 

Sorridi agli amori finiti,

sorridi ai tuoi dolori,

sorridi comunque.

 

Il tuo sorrido sarà:

luce per il tuo cammino,

faro per naviganti sperduti.

 

Il tuo sorriso sarà:

un bacio di mamma,

un battito d'ali,

un raggio di Sole.


(Anonimo) 

 

 


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8 marzo 2013 5 08 /03 /marzo /2013 11:57

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, 
i capelli diventano bianchi, 
i giorni si trasformano in anni…. 


Però ciò che è importante non cambia; 
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è a colla di qualsiasi tela di ragno.


Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un'altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.


Se ti manca ciò che facevi, torna a farlo. 
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni. 


Non lasciare che si arrugginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto. 
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.


Però  non fermarti mai!!!

Madre Teresa di Calcutta

Bouquet-di-Mimosa-e-Rose-Rosa.jpg

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29 aprile 2012 7 29 /04 /aprile /2012 15:24

Fiaba giapponese della prefettura di Niigata

   

C’erano una volta, in un paese lontano, due vecchi che vivevano vicini: uno era onesto e l’altro avido.

            Una volta, alla fine dell’anno, i due si incontrarono per caso in città:

            «La sera del secondo giorno dell’anno nuovo piacerebbe ad entrambi fare un bel sogno!»

            «Sì, un bel sogno che porti fortuna!», si augurarono.

 

            Così, la mattina del terzo giorno dell’anno nuovo, i due si incontrarono dietro la staccionata del giardino.

            Subito dopo essersi scambiati gli auguri per l’anno nuovo, il vecchio avido chiese,

            «Allora, com’è andata? Hai fatto un bel sogno?»

            «Certo! Il mio sogno diceva che riceverò una fortuna dal cielo!», rispose il vecchio onesto.

            «Davvero? Il mio sogno diceva che riceverò una fortuna dalla terra!», spiegò il vecchio avido.

            «Una fortuna dal cielo o una fortuna dalla terra? Entrambi i sogni sono di buon auspicio».

            «Infatti. Quest’anno sarà abbondante».

 

            E così, dopo i primi tre giorni dell’anno nuovo, trascorse ancora tanto tempo, finché un giorno avvenne qualcosa.

            «Oggi è proprio una bella giornata! Proverò a seminare dei fagioli».

            Mentre il vecchio onesto stava lavorando fuori nell’orto, clang!, la punta della sua zappa urtò contro qualcosa.

            «Beh? Non credo affatto che in questo punto ci siano delle rocce».

            Convinto di ciò, scavò ancora, quando sotto la punta della zappa vide che c’era una grande giara.

            Il vecchio onesto  provò a togliere il coperchio della giara, allora vide che era piena zeppa di monete grandi e piccole che risplendevano scintillando.

            «È sorprendente! Questo è senza dubbio il tesoro che il mio vicino ha visto in sogno. Infatti, è un tesoro che proviene dalla terra. Ora andrò subito a dirglielo!»

            Il vecchio onesto si affrettò ad andare dal vicino.

            «Guarda che la fortuna dalla terra che hai sognato tu è spuntata dal mio orto! È una giara piena fino all’orlo di monete! Presto, vieni a prenderla!»

            Il vecchio onesto gli indicò il punto da dove era saltata fuori la giara.

            Poi, quando tornò in casa, raccontò l’accaduto alla moglie.

            «Dal mio orto è venuta una fortuna, quando gliel’ho detto, il vicino ne è stato veramente contento! Sarà di certo venuto subito a prendere la giara piena di monete», disse e la vecchia donna,

            «Hai fatto un’ottima cosa», rispose compiaciuta del vecchio, che non era mai stato avido.

 

            Allora, il vicino avido si precipitò immediatamente nell’orto dal quale era comparsa la giara. Questa si trovava esattamente nel punto indicato.

            «Questo sarà un anno straordinario! Evviva le monete, tra-la-la-la!»

Canticchiando tra sé e sé il vecchio avido scoprì il coperchio della giara e … rimase di stucco. Dentro la giara invece delle monete c’erano tanti orribili serpenti che strisciavano sinuosamente gli uni sugli altri.

«Ah! Al diavolo vecchio bacucco! Mi hai ingannato! Piena di monete, eh? Maledetto!», il vecchio avido divenne tutto rosso per la rabbia. Poi,

«Adesso gli farò vedere io!», disse e, chiusa per bene la giara, la prese in spalla e la portò a casa.

Quando arrivò, il vecchio avido prese una lunga scala e si arrampicò sul tetto della casa del vicino. Poi, giunto sul tetto, spiò dal comignolo: il vecchio e sua moglie stavano governando il fuoco nel focolare, chiacchierando lieti del più e del meno.

«Ingannano gli altri e se ne stanno pure tranquilli!», il vecchio avido si arrabbiò sempre di più.

«Ah, questo è troppo!»

Tolse il coperchio dalla giara che aveva portato con sé e rovesciò tutto ciò che conteneva sopra la testa del vecchio.  

            Ma, con grande meraviglia, dall’interno della giara al posto  dei serpenti uscirono davvero tante monete.

            «Ehi, sono piovute dal cielo delle monete! È una cosa molto strana. Anzi, no, questa è proprio la fortuna dal cielo che ho sognato. Moglie mia, abbiamo ricevuto una fortuna dal cielo!»

            «È vero!»

            La coppia fu felice.

 

            E così, il vecchio onesto e sua moglie divennero molto ricchi e vissero per sempre felici e contenti.

 

Fine

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29 aprile 2012 7 29 /04 /aprile /2012 15:16

Fiaba giapponese della Prefettura di Nagano

 

Questa è la leggenda di Urashima Tarou che si tramanda a Kisogawa.

            Urashima Tarou abitava in un letto sopra a un pino dal quale era difficile alzarsi e, ogni giorno, se ne stava seduto su una roccia tenendo in mano un filo da pesca.

            Ma un bel giorno, mentre Urashima Tarou stava pescando come suo solito, apparve tra le correnti del laghetto una pistola ad acqua: Urashima Tarou la immerse subito nell’acqua per riempirla.

            Chissà quanto tempo passò, perché appena si ridestò Urashima Tarou si accorse che si era addormentato su uno zashiki bellissimo, come non ne aveva mai visto prima.

            Accanto a Urashima Tarou, c’era una graziosa fanciulla che con aria premurosa si prendeva cura di lui.

            «Dove siamo qui? », chiese Urashima Tarou. La fanciulla gli rispose sorridendo dolcemente:

            «Meno male. Allora te ne sei accorto. Questo è il Tempio del Dragone. E io sono la Principessa»

            «Il Tempio del Dragone? Questo è il Tempio del Dragone di cui si narra?»

            «Sì. Rimani pure tutto il tempo che desideri.»

 

            Quindi, con il trascorrere dei giorni, ormai ad Urashima Tarou la vita in quel luogo piaceva tantissimo. La principessa era molto carina e gentile e lui poteva gustare tutti i giorni cibi deliziosi senza dover lavorare: trascorreva proprio dei giorni da sogno.

            Ma, Urashima Tarou aveva una famiglia.

            Perciò, non poteva rimanere lì per sempre.

            Allora una volta, disse alla Principessa che desiderava far ritorno a casa.

            «Capisco. Mi dispiace, ma non è possibile ormai. Prendi questo, ti prego. – tutta triste la Principessa consegnò a Urashima Tarou un cofanetto di perla - Però, non devi aprire il coperchio. Solo così, non invecchierai e potrai di nuovo tornare mantenendo l’aspetto giovanile che hai ora».

            Così, Tarou fece ritorno al proprio paese dopo lungo tempo. Ma, con grande sorpresa, notò che sebbene le montagne e il fiume non fossero minimamente cambiati, non c’era più neanche una persona di tutte quelle che conosceva.

            Ora che si ritrovava tutto solo, Urashima Tarou ricominciò a vivere come una volta, seduto sulle rocce a pescare con il filo.

 

            Però in poco tempo, si era completamente innamorato della Principessa. Così, si ricordò del cofanetto che gli aveva dato al momento dell’addio ed aprì il coperchio, dimenticando del tutto quanto gli era stato detto.

            Allora in quell’istante, si sollevò dal cofanetto una nube di fumo bianco e in un batter d’occhio Urashima Tarou divenne un vecchio dai capelli bianchi.

 

Fine

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21 aprile 2012 6 21 /04 /aprile /2012 00:29
“After Dark” di Haruki Murakami (nella foto)
 
L’alienazione è un tema tanto noto quanto fondamentale nell’insolito universo letterario di Harumi Murakami e lo ritroviamo anche in “After Dark”, un’opera breve e meno ambiziosa delle grandi opere di F. Kafka che hanno fatto il giro del mondo.
 
Manca poco a mezzanotte. Tokyo vista dall’alto si protende come un organismo vivente dai colori brillanti. A quest’ora della notte, la città segue i suoi innati ritmi vitali.
 
Presso un Dennys, una catena di fast food americana nel quartiere nuovo di Shinjuku, la diciannovenne Mari sta leggendo un libro sorseggiando una tazzina di caffè.  Sul tavolo c’è qualcosa, un grande berretto dei Red Sox.
 
Murakami ha rivelato che nel 1979 aveva avuto l’oscura ispirazione a scrivere il suo romanzo d’esordio proprio durante una partita di football.
 
Il giorno dopo, attraverso la porte automatiche del ristorante, entra in scena Takahashi, un ragazzo dall’aspetto sciatto. Vede Mari, si avvicina, la saluta, cerca di attaccare discorso e insiste per incontrarla di nuovo, quand’ecco incontra la sorella di Mari. Takahashi poggia sul tavolo uno strumento musicale di grandi dimensioni. Suona il trombone in un gruppo jazz ed è passato appena prima di andare alle prove in uno scantinato lì vicino. Più tardi, arriva una donna che chiede aiuto a Mari, si tratta di una ex wrestler professionista che lavora in un love hotel nelle vicinanze. Takahashi le ha detto che Mari sa parlare il cinese: una giovane prostituta cinese è stata selvaggiamente picchiata da un cliente dell’hotel, derubata e spogliata dei suoi abiti. Mari la segue fino all’hotel precipitandosi tempestivamente.
 
Nei romanzi di Murakami, troviamo sempre una decina di personaggi le cui strade a un certo punto convergono. Tuttavia, la prosa scorrevole di Murakami ha molto poco a vedere con l’ultimo cosiddetto “realismo sporco”, dal momento che le vite di più personaggi sono parallele: l’uomo che ha picchiato la ragazza cinese torna al suo ufficio e rimane a lavorare tutta la notte, per poi fare rientro a casa prima che sua moglie esca per andare a lavorare. Si incontrano spesso.
 
La sorella di Mari, Eri,4147780112[1] fa la fotomodella e ormai da qualche mese si trova sprofondata in un lungo letargo nella sua stanza a casa dei genitori. Può essere un’allusione al fenomeno giapponese dello hikikomori , approssimativamente  tradotto come “ritiro”, che si riferisce alla situazione di un gran numero di giovani giapponesi, per lo più ragazzi sia studenti che lavoratori, che vivono confinati nella loro stanza.
 
Eri dorme per tutto il tempo e come la maggior parte di questi giovani isolati non usa nemmeno internet. Tuttavia, come molti di loro vive la sua vita attraverso la televisione, in una striscia d’ombra tra realtà e irrealtà chela sta letteralmente inghiottendo.
 
Qui, Murakami si avvicina ai modi del film dell’orrore giapponese, ma come sempre i suoi scritti sono tutti ricchi di riferimenti alla cultura occidentale: l’uomo che ha aggredito la ragazza cinese legge Bach mentre lavora nel suo desolato ufficio. È questa forse la scena che Edward Hoppler deve aver avuto in mente nell’opera intitolata “Solitudine”.  
 
“After Dark” è narrato con ritmo cinematografico, attraversato dalle note di un disco in vinile di Duke Ellington che un vecchio barista suona ancora. La prosa di Murakami è musicale e seducente, ritmica e spesso violentemente attraente, ha il fascino coinvolgente della musica jazz. Malinconica, decisamente irreale e surreale.
 
Dice Mari ad uno degli impiegati dell’hotel:
“Credo che con il tempo mi sono costruita un mondo tutto mio. E quando sto da sola all’interno di esso, provo un certo sollievo”.
 
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20 aprile 2012 5 20 /04 /aprile /2012 17:01

uccelli 23[1]

C’era una volta un uccellino.

Era felice nel suo nido e pensava che non vi fosse un altro posto in tutto il mondo dove sarebbe potuto essere più felice.

I giorni passavano rapidi e apparentemente tranquilli, finché un giorno vide una colombina molto bella. Il suo nido si trovava su un altro albero e lei guardava l’uccellino dalla distanza. Lui se ne innamorò e anche lei si innamorò di lui.

Adesso l’uccellino sapeva che c’era un posto più felice e qualcuno che lo stava aspettando, così volle raggiungere la colombina.

Un giorno tentò di volare fino a lei, era la prima volta che provava a volare e per giunta spinto dalla forza dell’amore. Ma l’uccellino cadde a terra. Cominciò a gridare disperatamente facendo un gran baccano.

La colombina lo vide e volle aiutarlo, così chiamò una mucca saggia. La mucca notò l’uccellino, si avvicinò a lui e gli disse:

“Zitto tu!”, si voltò e lo ricoprì coi suoi escrementi.

L’uccellino fu allora disperato e pianse e gridò a voce ancora più alta: si ritrovava in mezzo a degli escrementi e non poteva volare via; inoltre, la colombina era lì che lo guardava dal suo nido senza dire una parola né fare niente. L’uccellino provò tanta di quella vergogna da voler quasi morire.

Ora, c’era un lupo solitario che si aggirava da quelle parti. Udì le grida dell’uccellino ed essendo affamato si avvicinò e lo tirò fuori da lì.

“Grazie tante”, disse l’uccellino con un sospiro di sollievo.

“Non c’è di che”, rispose il lupo con un grande sorriso.

Poi, spalancò le fauci e se lo mangiò in un boccone solo.

La colombina gli aveva mandato la mucca in aiuto e se solo l’uccellino avesse smesso di gridare, il lupo non lo avrebbe mai sentito.

Non sempre chi ti mette in una situazione difficile vuole farti del male e non sempre chi ti guarda senza muovere un dito ti sta ignorando e, infine, non sempre chi sembra tirarti fuori da un bell’impiccio lo fa per aiutarti!

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20 aprile 2012 5 20 /04 /aprile /2012 16:08

imagesCAUV6T4CC’era una volta un principessa incredibilmente ricca, bella e saggia.

Stanca di avere intorno a sé solo pretendenti falsi che ambivano alle sue ricchezze, un giorno fece pubblicare un bando nel quale si diceva che avrebbe sposato soltanto colui che le avesse donato un regalo che fosse insieme valoroso, tenero e sincero.

Il palazzo si riempì di fiori e regali di ogni tipo e colore, migliaia di lettere d’amore e poesie romantiche. Tra tutti questi bei regali, la principessa trovò una pietra: era una pietra semplice e sporca. Incuriosita, fece chiamare colui che gliel’aveva donata. Per non svelare la sua curiosità, quando vide il giovane finse di essere offesa e questi le disse:

“Questa pietra rappresenta quanto di più valoroso potessi regalarvi: è il mio cuore. Sebbene non sia vostro, il mio cuore è forte come una roccia. Solo quando si innamora sa abbandonarsi diventando allora il più tenero di tutti”. Il giovane si congedò pacatamente, lasciando la principessa sorpresa e disarmata.

Era tanto innamorata che portava la pietra con sé ovunque andava e con il passare dei mesi cominciò a ricoprire il giovane di regali e di attenzioni. Tuttavia, il suo cuore, che lei stringeva tra le mani, continuava a essere duro come roccia.

Delusa, un giorno decise di gettare la pietra nel fuoco e in quel momento vide che da essa veniva fuori come sabbia, lasciando all’interno dell’oro. Allora, comprese che anche lei avrebbe dovuto essere come fuoco e trasformare quanto toccava separando le cose futili da quelle importanti.

Passarono i mesi e la principessa si propose di cambiare il suo regno come era avvenuto per la pietra. Perciò, impiegò la sua saggezza, la sua vita e le sue ricchezze per dividere ciò che era inutile da quello che era importante. Mise da parte il lusso, i divertimenti e gli eccessi e il popolo prese ad amarla ancora di più. Quando qualcuno incontrava la principessa restava incantato dal suo carattere e dal suo buon cuore, tanto che la sua sola presenza trasmetteva tutto il calore umano e la passione per quanto faceva. Per questo, tutti cominciarono a chiamarla affettuosamente la “principessa di fuoco”.

Come era stato per la pietra, il fuoco seppe distruggere la dura corteccia del cuore del giovane che come aveva promesso risultò essere tanto tenero e buono che rese la principessa per sempre felice e content

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